La pododermatite nel coniglio
La pododermatite è una patologia cutanea molto frequente nel coniglio domestico, che interessa, prevalentemente, la cute delle zampe posteriori, anche se in particolari situazioni può coinvolgere tutti e quattro gli arti. Le lesioni si localizzano a carico della superficie plantare (superficie d’appoggio). Rispetto ad altri animali la frequente incidenza di questa patologia è legata alla particolare anatomia del piede del coniglio e al tipo di vita, diversa da quella che condurrebbe in natura. Il coniglio, infatti, si è evoluto per correre su terreni morbidi, ricoperti di erba, che fungono essi stessi da ammortizzatori per evitare alle strutture ossee sollecitazioni eccessive. Sono infatti sprovvisti di cuscinetti plantari e l’unica protezione delle strutture ossee e tendinee è il pelo e un sottilissimo strato cutaneo (non c’è interposizione di tessuti molli come il grasso e il tessuto connettivo che fungano da ammortizzatore). Inoltre il coniglio, durante il riposo, ma anche nel caso di alterazioni nella deambulazione, carica buona parte del peso sulla protuberanza tarsale (tallone), inducendo uno “stress meccanico”: il peso dell’animale va a scaricare completamente sul tallone creando un danno ischemico. Inoltre il coniglio non possiede unghie retrattili, che in natura si consumano scavando nel terreno ma che in appartamento crescono spesso in modo eccessivo. Quando il coniglio poggia la zampa nel terreno, le unghie affondano, permettendo di poggiare tutta la superficie plantare. In appartamento questo non può avvenire, e le unghie fanno da leva, facendo sì che il peso sia scaricato verso la parte posteriore della superficie plantare, proprio nel punto in cui così spesso osserviamo la zona arrossata. In corrispondenza del tallone, in quasi tutti i conigli che vivono in casa si sviluppa un callo che può poi evolvere in pododermatite.
Nella maggior parte dei casi la lesione non crea disagi al coniglio, che continua a camminare normalmente. In qualche caso però la situazione evolve. L’ischemia porta alla morte del tessuto compresso e si forma un’ulcera sulla pelle. Una volta che la cute si ulcera, inevitabilmente si infetta e l’infezione si può estendere fino ai tendini e all’osso (osteomielite). A questo punto il coniglio inizia a manifestare in modo evidente il dolore, zoppica ed è riluttante a muoversi. Una volta che si instaura l’osteomielite è difficile ottenere la guarigione e molto spesso si deve ricorrere a delle procedure drastiche come l’amputazione dell’arto, sempre che il controlaterale sia apposto. È importante intervenire precocemente, appena si nota la lesione ulcerata.
Si tratta di una malattia cronica, progressiva: significa che una volta che si instaura il processo difficilmente si riuscirà ad ottenere una guarigione completa
Tutte le razze possono essere colpite, anche se c’è una predisposizione per le razze pesanti o con poco pelo di copertura. Sono colpiti prevalentemente animali adulti\anziani con patologie in atto, anche se in alcuni casi anche soggetti giovani con diarrea o che vengono tenuti malamente possono essere colpiti.
Le cause possono essere diversissime
- Genetiche: alcuni soggetti presentano una scarsa copertura di pelo che espone l’area interessata a maggiori sollecitazioni e tra le razze segnalate come “predisposte” in letteratura vengono annoverate il Rex, il Bianco di Nuova Zelanda, l’Angora e le razze giganti.
- Microtraumi della superficie plantare, particolarmente frequenti negli animali che compiono corse sfrenate e cambi di direzione improvvisi; soggetti nervosi che sbattono spesso i piedi.
- Conigli che permangono abitualmente su pavimenti inadeguati, troppo duri o abrasivi (ad es. moquettes, tappeti, piastrelle ruvide, ecc.), nei quali si può verificare con maggiore facilità rarefazione del pelo di copertura o tricotomia che espone quindi la cute agli insulti meccanici.
- Scarse condizioni igieniche: l’igiene gioca un ruolo fondamentale in quanto la permanenza su una lettiera sporca ed umida favorisce la macerazione del pelo e della cute e predispone all’impianto di infezioni batteriche secondarie.
- Fondo della gabbia inadatto. Questo è un fattore molto importante, sul quale è facile intervenire. Il fondo deve essere morbido e pulito; il substrato ideale è rappresentato da uno spesso strato di fieno, al di sotto del quale si possono mettere pellets di diverso tipo. Controindicati sono la sabbia per gatti e il granulato di tutolo di mais, o il fondo della gabbia senza substrato, o le griglie
- l’obesità, che aumenta i fenomeni compressivi locali
- assenza di movimento, dovuta alla carenza di stimoli, al confinamento in ambienti ristretti, al sovrappeso.
- spondilosi e osteoartrite in soggetti anziani, che concorrono a ridurre l’efficacia del microcircolo locale e favoriscono l’ischemia della regione con successiva necrosi tissutale.
- patologie urinarie, in grado di provocare incontinenza.
- Patologie gastroenteriche, con produzione di feci diarroiche che causano imbrattamento della parte e, aumentando l’umidità e la contaminazione batterica del substrato, favorire la comparsa delle lesioni.
- Anche la presenza concomitante di malattie parassitarie che possono determinare la comparsa di lesioni cutanee o alopecia localizzata alla superficie plantare degli arti o alla regione periungueale (ad es. rogna sarcoptica o dermatofitosi)
Prevenzione
La pododermatite si può prevenire con diversi accorgimenti. Da quanto detto, è evidente che è più a rischio un coniglio obeso tenuto costantemente in una piccola gabbia con un fondo inadatto e sporco, per cui dovremo tenere in linea il coniglio e lasciarlo libero di girare, possibilmente favorendo le uscite all’esterno. Questo gli permette di fare attività, correre e scavare, e di poter brucare l’erba, che rappresenta l’alimento migliore per il coniglio. Non dimentichiamo poi i benefici della luce solare, che permette la sintesi della vitamina D. una simile sistemazione non è alla portata di tutti, e allora il coniglio dovrà limitarsi a correre in appartamento. Se fattibile, si possono sistemare sul fondo dei piumoni o dei materassini di gomma nelle aree frequentate più spesso, senza avere la pretesa di ricoprire tutti i pavimenti della casa. È anche importante controllare le unghie ed accorciarle regolarmente, utilizzando un tagliaunghie per cani; se non lo avete mai fatto, potete chiedere al veterinario di mostrarvi come si fa.
Terapia
Nei casi in cui la pododermatite procede oltre lo stadio iniziale è indispensabile ricorrere alle cure veterinarie, prima che le lesioni diventino irreversibili o comunque più difficili da guarire. Sara cura del veterinario valutare la situazione, cercare di capire l’origine del problema ed intervenire in modo adeguato.
- Pubblicato il Blog
L’ipertiroidismo nella cavia
L’ipertiroidismo o tireotossicosi, è una malattia che può avere diverse cause e manifestazioni. È associata ad elevati livelli plasmatici di Tiroxina (T4) e triiodotironina (T3). Nell’uomo nella maggior parte dei casi l’ipertiroidismo è dovuto ad un disordine autoimmune.
Per cercare di capire meglio come funziona la tiroide è fondamentale capire il meccanismo che è alla base della produzione degli ormoni tiroidei.
L’attività della tiroide è controllata dall’asse ipotalamo, ipofisi tiroide.
- L’ipotalamo produce un ormone che stimola la produzione di un altro ormone da parte dell’ipofisi. L’ormone Ipotalamico è L’ormone di rilascio della tireotropina o TRH.
- L’ormone dell’ipofisi è la Tireotropina o TSH che stimola la tiroide a produrre gli ormoni tiroidei.
- Gli ormoni tiroidei sono il T4 e il T3, la loro produzione viene controllata dalla loro secrezione a livello plasmatico. Se bassa l’ipotalamo viene stimolato a produrre TRH, se alta avviene il contrario: ovviamente se tutto funziona.
Nell’ipertiroidismo è la Tiroide che non funziona correttamente e aumenta la produzione di ormoni Tiroidei. In alcuni casi, descritti nell’uomo, è l’ipofisi che produce un eccesso di TSH che stimola a sua volta l’attività della tiroide; in questo caso si parla di Ipertiroidismo secondario.
L’ipertiroidismo è un’evenienza molto comune nel gatto, più raro nel cane che invece tende a soffrire, in particolare alcune razze, di ipotiroidismo; tra gli animali esotici è stato descritto negli uccelli, nell’iguana e nel geco. Questa patologia è relativamente frequente nella cavia, probabilmente sotto diagnosticata. Può essere conseguente a
- un’iperplasia della ghiandola (un aumento delle dimensioni e della sua attività)
- ad un adenoma (neoplasia benigna)
- a un carcinoma (forma maligna)
Sembra interessare soggetti senza una predisposizione di sesso, generalmente sopra i tre anni di età. I sintomi clinici sono variabili ma abbastanza caratteristici
- Iperestesia: ipersensibilità sensoriale ai normali stimoli esterni causata da un anormale eccitazione nervosa
- Iperattività
- Polifagia con riduzione ponderale
- Gozzo (palpazione di un rigonfiamento nella regione del collo\mento)
- Diarrea, o produzione di feci morbide
- Poliuria
- Polidipsia
- Alopecia
- Tachicardia (sintomo di difficile riscontro)
Diagnosi:
La diagnosi di certezza di questa malattia non è sempre agevole; ci sono diversi step che si possono eseguire
- Esame ecografico della parte (nel momento in cui durante la visita clinica si percepisce una tumefazione nella regione ventrale del collo) con possibilità di eseguire un esame citologico per evidenziare il tipo di problematica sottostante.
- Misurazione degli ormoni tiroidei: può essere un problema per diversi motivi
- quantità di sangue necessaria (gli animali spesso sono di piccole dimensioni), e necessità di ripetere più misurazioni per essere sicuri del valore ottenuto
- non sempre l’ipertiroidismo causa un aumento degli ormoni tiroidei totali
- l’aumento o la riduzione degli ormoni tiroidei possono essere provocati anche da altre cause: lo stress nella cavia induce una riduzione degli ormoni tiroidei; la carenza della vitamina C sembra indurre un aumento dell’attività della tiroide
- La concomitante presenza di altre patologie che provocano una riduzione ormonale può mascherare i valori della tiroide
- Tac e risonanza magnetica: metodologie più dispendiose
In presenza di sintomi clinici indicativi di problemi a carico della tiroide, sarebbe fondamentale escludere altre patologie che possono dare una sintomatologia sovrapponibile, prima di addentrarsi nell’iter per diagnosticare un ipertiroidismo. La presenza di tumefazioni nella regione del collo, può essere anche indicativo di ingrossamento linfonodale, come nel caso del linfoma, o di masse ascessuali. L’alopecia, può essere legata ad altri problemi ormonali o parassitari. Escludere problemi metabolici, dentali in caso di dimagramento, anche se generalmente il dimagramento legato ai problemi di tiroide è associato a polifagia.
La terapia è volta alla riduzione dei livelli ormonali; esistono dei farmaci, utilizzati anche nel gatto che possono essere somministrati. In caso di forme neoplastiche maligne si può valutare la chirurgia con integrazione poi degli ormoni tiroidei in caso di rimozione totale della ghiandola. La radioterapia non sempre è consigliata per via delle ridotte dimensioni e dei rischi di danno ai tessuti vicini.
Fatevi sempre consigliare dal vostro veterinario: ovviamente fondamentale sarà arrivare ad una diagnosi per scegliere la terapia più corretta in funzione poi anche del tipo di problema, iperplasia, vs adenoma vs adenocarcinoma.
- Pubblicato il Blog
La malattia di Newcastle
Newcastle disease
La malattia di Newcastle, detta anche Pseudopeste aviare, è una malattia altamente contagiosa dei volatili provocata da un Paramixovirus, in particolare si tratta del paramixovirus 1 (APMV-1). Possono essere colpiti galline, tacchini, piccioni, oche, anatre, oltre che altri animali selvatici e mantenuti in cattività, compresi struzzi ed emù. Anche volatili più convenzionali come canarini e pappagalli possono ammalarsi, anche se generalmente sono paucisintomatici.
Gli uomini, generalmente non si ammalano, anche se soggetti in contatto diretto con animali infetti possono sviluppare una congiuntivite di breve durata con sintomi che regrediscono spontaneamente in pochi giorni.
Si distinguono diversi ceppi virali a seconda delle caratteristiche di virulenza. Il quadro clinico e anatomopatologico dipende dal patotipo del virus infettante, dalla specie, dalla razza, dall’ età (i soggetti giovani sono più sensibili) degli animali e da fattori climatici e ambientali:
- Viscerotropi velogeni, responsabili delle infezioni acute letali, usualmente con lesioni emorragiche necrotiche all’apparato digerente.
- Neurotropi velogeni, responsabili di una malattia respiratoria, seguita da alta mortalità e sintomi neurologici, nella maggior parte dei casi senza lesioni all’intestino.
- Depressione
- cresta cianotica
- dispnea
- respirazione a becco aperto
- tosse
- disturbi nervosi (paralisi degli arti, tic con movimenti ritmici della testa, tremori e torcicollo)
- Mesogeni, responsabili di un quadro clinico caratterizzato da sintomi respiratori e nervosi con bassa mortalità.
- sintomi respiratori anche gravi
- manifestazioni nervose con movimenti convulsivi
- maneggio
- opistotono
- torcicollo
- Lentogeni, responsabili di una lieve sintomatologia respiratoria, per infezioni batteriche secondarie, senza mortalità.
- Asintomatici enterotropi provocano infezioni inapparenti con replicazione virale primariamente nell’intestino.
La temperatura ambientale e la stagionalità possono influire sulla sintomatologia per la possibilità di sovra infezioni batteriche o virali concomitanti che aggravano il corredo sintomatico.
Trasmissione
La trasmissione avviene tramite contatto diretto con feci infette o tramite attrezzatura/lettiera contaminata. Il virus sopravvive per lungo periodo a temperatura ambiente soprattutto nelle feci. In ambienti contaminati non puliti il virus può sopravvivere da 7 a 30 giorni in base alla temperatura ambientale. Nel suolo a 20°C può sopravvivere per 20 giorni. È inattivato dalle alte temperature da ph acidi, etere, formalina, agenti ossidanti, fenoli, clorexidina e ipoclorito di sodio al 6%.
Gli insetti non sono considerati dei vettori meccanici efficienti per la disseminazione della malattia così come i topi.
In presenza di animali infetti è fondamentale assicurare una massima igiene ambientale in modo da eliminare il virus dall’ambiente. Anche senza animali infetti sarebbe opportuno mantenere un elevata igiene ambientale.
Il virus si elimina nel periodo di incubazione, durante la malattia e durante un periodo variabile di convalescenza.
Alcune specie selvatiche eliminano il virus per lungo tempo senza dare segni di malattia (gufo fino a 4 mesi). Gli uccelli acquatici rappresentano il serbatoio naturale della malattia: sono i più resistenti alle manifestazioni cliniche ma anche i più sensibili all’infezione.
Nel piccione
La patologia è segnalata anche nel piccione, passeriformi, uccelli da voliera. Tra i volatili domestici il piccione e gli altri columbiformi sono in genere interessati dalla variante piccione di APMV-1 denominata PPMV-1 (Pigeon Paramixovirus), mesogena, di cui questa specie è considerata reservoir. Questo ceppo probabilmente è divenuto endemico nelle popolazioni di piccioni domestici e selvatici dopo la prima comparsa negli anni ’80 quando fu la causa di una grave pandemia. Ciò conferma l’importante ruolo epidemiologico del piccione nel mantenimento e nella diffusione della malattia di Newcastle.
Cura
La malattia di Newcastle può essere diagnosticata con un test.
È importante avere una diagnosi precisa perché la sintomatologia di questa malattia si può confondere con altre patologie come l’influenza aviaria. Gli animali con la malattia di Newcastle devono essere messi in quarantena.
Non esiste un trattamento specifico contro questa malattia, ma esistono dei protocolli di vaccinazioni da seguire per prevenirne la comparsa. Questi vaccini sono efficaci nei polli, piccioni e tacchini quando si tratta di ceppi poco virulenti. Si può somministrare in spray o da aggiungere all’acqua da bere. I soggetti con sintomi evidenti possono essere trattati con terapie di supporto, somministrando rimedi per il sistema immunitario e per la stimolazione del sistema nervoso, ovviamente se non è in grado di alimentarsi spontaneamente o di bere va aiutato e supportato nello svolgimento delle normali funzioni fisiologiche.
- Pubblicato il Blog
Pseudopterigio
Tra le varie patologie oculari del coniglio, una patologia sicuramente meno comune è lo Pseudopterigio o crescita congiuntivale aberrante o iperplasia congiuntivale circonferenziale. Si tratta di una patologia poco nota che sembra interessare, tra tutti gli animali, solamente il coniglio. Tutte le razze sembrano poter essere affette da questa patologia, anche se è più comune nel coniglio nano e nei suoi incroci.
Si tratta di una membrana rosata (una piega di congiuntiva), vascolarizzata, che origina dalla periferia della cornea e a 360 gradi si estende verso il centro dell’occhio, lasciando libera solamente una piccola porzione centrale. La parte che ricopre la cornea è libera di scorrere sulla superficie, può essere agevolmente spostata, e, nella maggior parte dei casi (pur trattandosi di un corpo estraneo), non crea fastidi e il coniglio non ha disturbi come lacrimazione o scoli. La visione è mantenuta fino a che la progressione della membrana non occlude l’apertura centrale.
Una condizione simile è stata descritta nell’uomo e nel gatto: la differenza principale è che in questi casi la membrana aderisce intimamente alla cornea.
Nelle fasi iniziali generalmente non ci sono sintomi eclatanti. Un proprietario attento può accorgersi della variazione cromatica dell’occhio legata alla presenza della membrana che via via diventa sempre più ampia. Nei casi più avanzati possono esserci delle variazioni comportamentali legate alla limitata visione.
Purtroppo non ci sono terapie che ne limitano la progressione, anche perché non è ancora stata individuata la reale natura del problema. L’unica soluzione è la chirurgia anche se non sembra essere definitiva e il rischio di recidive è sempre grande. L’applicazione topica di colliri a base di ciclosporina può limitarne\rallentarne la ricomparsa.
Se la condizione è monolaterale e la riduzione della vista nell’occhio colpito non causa alterazioni comportamentali nel coniglio, può rimanere non trattata. È fondamentale la cura dell’occhio coinvolto e l’applicazione di colliri per rimuovere eventuali detriti che si possono accumulare sotto la membrana per evitare infezioni batteriche secondarie.
Negli animali che presentano problemi di vista, che mostrano alterazioni del comportamento o nei casi bilaterali, si consiglia l’intervento chirurgico.
È fondamentale essere tuttavia consapevoli che si tratta di una chirurgia palliativa che spesso non risolve completamente il problema.
- Pubblicato il Blog, CASI CLINICI
La Salamandra Pezzata
La salamandra pezzata, o Salamandra Salamandra, è un anfibio che nelle giornate particolarmente umide e piovose possiamo trovare nei nostri giardini. Nostri, intendo nelle mie zone, abito in zona collinare, vicino al sottobosco.
È facilmente riconoscibile per la sua colorazione nera con vistose macchie gialle.
Raggiunge i 15–20 cm di lunghezza totale (coda compresa), e le femmine sono in generale più lunghe e grosse dei maschi. La pelle, liscia e lucente, è cosparsa di piccole ghiandole secernenti un secreto mucoso che ricopre l’animale; il muco ha una funzione battericida, riduce la disidratazione e ha un gusto repellente per gli eventuali predatori. I suoi colori sgargianti in natura avvisano eventuali predatori della sua non commestibilità. Nel caso fosse necessario manipolarla (per spostarla da una zona di pericolo per esempio), si consiglia di avere la massima delicatezza e se possibile indossare dei guanti non talcati per non danneggiare la sua cute molto sensibile. Il secreto mucoso, inoltre, può essere irritante anche per noi.
Habitat: predilige ambienti boscosi freschi e umidi attraversati da piccoli corsi d’acqua, spesso fondamentali per la riproduzione. La salamandra depone solitamente in torrenti poco o per nulla inquinati con ampia disponibilità di macro invertebrati (crostacei, larve di insetto ecc.) di cui le larve si nutrono. In alcuni casi utilizza per la deposizione anche lavatoi, vasche e piccoli stagni alimentati da sorgenti che garantiscono un livello di ossigenazione adeguato.
Abitudini: Durante il giorno, gli animali si ritirano in nascondigli diurni, esce la sera, o di giorno se ci sono piogge molto forti. Nell’Europa meridionale, la salamandra pezzata è attiva soprattutto durante i mesi autunnali e primaverili, e non si ritira in letargo invernale. In Europa centrale, invece, queste salamandre sono attive in primavera ed estate, e vanno in letargo durante i mesi autunnali e invernali.
Sono molto sedentari: soprattutto le femmine rimangono assai fedeli ai loro rifugi; qui trovano riparo in gran numero, specie in inverno durante il periodo di latenza.
Si nutre di invertebrati, in particolare lombrichi, molluschi, insetti e miriapodi.
Riproduzione: durante il periodo degli amori il maschio si esibisce in un complesso rituale di corteggiamento, alla fine del quale lascia sul terreno una spermatofora, contenente gli spermatozoi, che viene raccolta dalla femmina tramite le labbra cloacali oppure, sempre il maschio, afferra la femmina dal sotto e deposita la spermatofora. Nella primavera successiva le femmine depongono le larve in ruscelli, torrenti o altri corsi d’acqua. Le larve possiedono branchie e quattro arti ben sviluppati. In alcune popolazioni montane di salamandra pezzata, le femmine sono ovovivipare e danno alla luce piccoli completamente sviluppati, ma non pronti alla vita terrestre se non dopo i primi 5/6 mesi.
- Pubblicato il Blog
CASO CLINICO: NEVE, UN CINCILLA CON LA PIOMETRA
La piometra è una patologia causata da una degenerazione del tessuto uterino che causa un accumulo di pus nella cavità dell’utero. Questa infezione è molto frequente negli animali domestici, come cagne e gatte, ma può colpire anche animali non convenzionali come i conigli, i cincillà e altri roditori.
Il ciclo sessuale del cincillà:
Come tutti i roditori istricomorfi, che partoriscono prole atta (Poche ore dopo la nascita sono già in grado di camminare e nutrirsi, oltre che del latte materno, anche di cibi solidi, anche se cominciano a mangiare a circa una settimana di vita. Sono già ricoperti di pelo e hanno gli occhi aperti), il cincillà è un animale poco prolifico (2-3 cuccioli per volta) e la gestazione è particolarmente lunga rispetto agli altri roditori
I cincillà vanno in calore generalmente da novembre a maggio. Il ciclo estrale si verifica ogni 30-50 giorni, con una media di 38 giorni e l’estro dura in media 48-72 ore e di solito ricompare immediatamente subito dopo il parto.
Il maschio in genere durante il calore emette un verso simile al tubare di un colombo ed effettua una sorta di rituale di corteggiamento rincorrendo la femmina nella gabbia. Di solito l’accoppiamento avviene nelle ore serali o notturne, quando i cincillà, animali notturni, sono maggiormente attivi. L’accoppiamento è molto rapido.
In genere un segno dell’avvenuto accoppiamento è il ritrovamento nella gabbia del cosiddetto “tappo vaginale” o “stopper”, che si presenta come una massa biancastra di consistenza caseosa di forma irregolare e di odore muschioso che misura circa 2-3 cm x 1-1,5 cm.
Questo tappo viene espulso in genere qualche ora dopo il coito, all’aria raggrinzisce indurendosi ed ingiallendo; è difficile da identificare perché spesso si confonde con gli escrementi o gli avanzi di cibo.
Il cincillà è sessualmente maturo tra i 4 ed i 12 mesi (dipende dal momento della nascita) e si sviluppa completamente tra gli 8 ed i 24 mesi.
Verso il decimo-undicesimo anno di età della femmina ed il dodicesimo del maschio si potrebbe avere sterilità senile.
La gestazione di un cincillà dura 111 giorni e nascono in media 2 cuccioli (da 1 a 6). Di solito dopo l’accoppiamento la femmina è più tranquilla, segno che il periodo del calore è terminato. Dopo il 90 giorno si nota un aumento di volume dell’addome.
Il parto del cincillà è in genere molto veloce.
I piccoli cincillà (redi) nascono come adulti in miniatura, hanno occhi ed orecchie aperti, pelo ed incisivi presenti. Il loro peso varia da 30 a 50 grammi.
Neve è una cincillà di circa tre anni che vive libera in casa. Da qualche giorno manifesta apatia, anoressia e mancata produzione di pellets fecali.
Durante la visita clinica si percepisce subito un gonfiore addominale sospetto; la pancia appare tesa e dolente. Si decide di procedere subito con una radiografia per valutare la presenza di meteorismo intestinale.
La radiografia fa sospettare la presenza di una patologia uterina. Per meglio visualizzare l’utero viene effettuata un’ecografia addominale che conferma il sospetto diagnostico: l’utero è disteso e contiene materiale corpuscolato, verosimilmente pus; condizione nota come Piometra.
Molto spesso la piometra non presenta sintomi, fino a quando l’utero non raggiunge delle dimensioni importanti da creare dolorabilità addominale, costipazione e, in caso di lacerazione peritonite; la presenza di materiale purulento crea anche uno stato di intossicazione sistemica che può portare a morte l’animale. In alcuni casi si può avere scolo vulvare, in questo caso la pressione dell’utero diminuisce e l’animale prova sollievo. Non sempre la cervice si apre e permette la fuoriuscita del materiale purulento.
I sintomi generici prevedono
- Anoressia
- Abbattimento
- Stasi gastroentestinale
- Polidipsia (aumento della sete: l’animale cerca di ridurre lo stato di intossicazione)
La terapia è chirurgica e prevede la sterilizzazione: le terapie mediche che prevedono l’utilizzo di ormoni che favoriscono lo svuotamento dell’utero non sono mai consigliate in animali che non vengono utilizzati per la riproduzione perché non sono definitive e spesso portano a recidive.
- Pubblicato il Blog
La ghiandola di Harder e il “Cherry eyes” nel coniglio
La terza palpebra è una membrana formata da uno scheletro interno di cartilagine e rivestita esternamente dalla congiuntiva. Anatomicamente nei mammiferi domestici è situata nell’angolo nasale dell’occhio, tra le palpebre e il globo oculare, dove svolge un’azione di protezione della cornea: sale passivamente come conseguenza della retrazione volontaria del globo oculare nell’orbita.
La ghiandola della terza palpebra, detta anche ghiandola di Harder (in nome del suo scopritore), ghiandola nittitante o ghiandola della terza palpebra, è una ghiandola lacrimale normalmente non visibile, situata alla base della terza palpebra, che produce gran parte della porzione acquosa del film lacrimale. Tale ghiandola è particolarmente sviluppata nel coniglio ed è molto superficiale, produce un secreto che contribuisce a mantenere la superficie oculare lubrificata e inoltre sembra svolgere un ruolo nelle interazioni sociali dei conigli; infatti nel maschio intero raggiunge delle dimensioni piuttosto considerevoli, in particolare durante la stagione riproduttiva.
È costituita da due lobi
- Un lobo dorsale generalmente di colore bianco più piccolo
- Un lobo ventrale generalmente di colore rosato di dimensioni maggiori
Non è raro che tale ghiandola prolassi provocando un rigonfiamento considerevole della terza palpebra. Le cause del prolasso possono essere molte; in assenza di un quadro patologico più grave, generalmente si tratta di una lassità del tessuto connettivo che la circonda e sorregge.
Si presenta come una massa di 1/2 cm rotondeggiante più o meno arrossata a seconda del grado d’infiammazione. Non sembra causare dolore, sicuramente può provocare irritazione congiuntivale e lacrimazione per sfregamento con la cornea con lo sviluppo di una congiuntivite follicolare.
Nella maggior parte dei casi si tratta di una patologia monolaterale. Differentemente che nel cane il riposizionamento non offre particolare successo. Spesso recidiva. La terapia consiste nell’applicazione di farmaci locali per sfiammare la parte.
Nei conigli anziani, ma non solo, può rendersi necessario eseguire un ago aspirato per discriminare la presenza di forme neoplastiche, in particolare il Linfoma a cellule B e il prolasso del grasso retro bulbare (che appare però di colore bianco).
- Pubblicato il Blog
Pappagalli, cute e penne
Come in tutti gli animali, dove le condizioni del pelo e della cute rispecchiano lo stato di salute, anche nei pappagalli le condizioni del piumaggio sono rappresentative del suo stato fisico metabolico. Anomalie a carico della cute (che può essere secca e screpolata), delle zampe (presenza di scaglie rilevate o allungamento anomalo delle unghie) e del becco (allungamento anomalo), spesso associate a un piumaggio scadente, sono sintomi da non sottovalutare in quanto specchio di malattie organiche sistemiche importanti e spesso gravi come virosi (Herpes, PBFD o malattia del becco e delle penne negli psittacidi, Poliomavirus), malnutrizione, avitaminosi ed intossicazione epatica.
La malnutrizione è sicuramente la principale causa di problemi cutanei, sia perché un’alimentazione scorretta non fornisce ciò che è necessario per la sintesi tissutale, sia perché compromette lo stato generale di salute e i processi metabolici, favorendo patologie secondarie.
Diete eccessivamente ricche di semi, scarsa somministrazione di frutta e verdura, mal conservazione degli alimenti sono i principali errori che nell’arco del tempo possono portare a
- Ipovitaminosi: frequenti le ipovitaminosi del gruppo A, la carenza di vitamina E e di selenio. Queste carenze si riflettono esternamente in una alterata produzione degli elementi costitutivi delle penne e della cute con conseguente
- aspetto scadente del piumaggio che appare spento e opaco
- muta irregolare
- ritenzione del calamo delle penne
- cute disidratata
- scaglie rilevate
- distrofia degli strati cornei di becco ed unghie
- predisposizione all’attacco di parassiti (rogna del becco e delle zampe)
La somministrazione senza controllo di alcune vitamine porta poi a un peggioramento della situazione inducendo la carente assimilazione di altri nutrienti. Per esempio la vitamina A induce una riduzione dell’assorbimento di altre vitamine, quindi se somministrata per tempi prolungati senza controllo da parte di un veterinario può determinare una carenza di altre vitamine. Stesso vale per la vitamina C che invece aumenta per esempio l’assorbimento del ferro.
- Anemia
- Ipocalcemia
- Eccessivo apporto calorico (semi oleosi, frutta secca, errata abitudine di somministrare cibi a uso umano direttamente dal piatto associati a mancanza di esercizio fisico) esitano in un iperingrassamento del fegato, un’alterata digestione e a mal assorbimento che peggiora la situazione esitando in un circolo vizioso senza fine.
- Carenza proteica: riduzione sintesi tissutale
- Presenza di sostanze inquinanti e tossiche nel cibo (aflatossine, inquinanti fecali come Coli e Salmonelle), causano malassorbimento intestinale ed intossicazione di fegato e reni e conseguente incapacità dell’organismo di assorbire, e metabolizzare sostanze importanti per la salute.
Manifestazioni:
- Penne fragili che si rompono facilmente o si rovinano facilmente
- Penne di colore anomalo, con bordi scuri: anche la variazione del colore del piumaggio dev’essere un campanello d’allarme per lo stato di salute degli uccelli. Il colore delle penne degli uccelli è dato dalla combinazione di diversi pigmenti: melanine, carotenoidi, xantofille e porfirine. Alcune di queste sostanze, come i carotenoidi, vengono assunti con l’alimento, altri derivano da delicati e complessi processi metabolici. La mancata introduzione con la dieta o l’impossibilità di metabolizzare correttamente questi pigmenti per patologie, ad esempio intestinali o epatiche, portano al fenomeno dell’alterazione del colore del piumaggio. In alcuni casi il piumaggio può apparire sbiadito e opaco, in altri casi si potranno evidenziare delle macchie (nere, giallastre o rossastre) in seguito alla alterata formazione di cheratina per carenza di alcuni aminoacidi essenziali. In caso di problemi epatici di natura tossica o infettiva, possono facilmente comparire delle piume gialle o rosse in zone dove normalmente il piumaggio è di colore differente.
- Una particolare variazione di colore delle penne molto frequente nel pappagallo cenerino, che viene chiamata “red soffusion”, viene spacciata per mutazione genetica. In realtà si tratta di una espressione sul piumaggio di una condizione patologica dell’organismo. Questa malattia colpisce molti pappagalli, in particolare cenerini e Agapornis. Si manifesta inizialmente con piccole macchie rossastre sul piumaggio; con il tempo queste macchie si estendono, colorando intere piume, e l’intero piumaggio
- PBFD determina alterazione del colore
- Linee da stress: A volte si evidenziano delle linee di discontinuità nella penna, indice di alterata formazione di cheratina a causa di malattie sistemiche (barre da stress)
- Alterazioni della muta
FARE DIAGNOSI E CORREGGERE LA GESTIONE:
È fondamentale eseguire una serie di diagnosi differenziali per iniziare subito una terapia adeguata ed un cambio del management alimentare può risolvere il problema alla radice o quantomeno evitare il peggioramento.
- Pubblicato il Blog
L’ avvelenamento da Zinco nei pappagalli
L’ Ingestione accidentale di piombo e zinco è sicuramente la causa più comune di intossicazione nei pappagalli. È più frequente nei pappagalli che sono liberi di girare per casa, che possono trovare, ingerire, masticare oggetti diversi, anche in punti per noi difficili da controllare, come ripiani molto alti. Questi metalli pesanti si possono trovare in diversi oggetti della casa (stucchi, vernici, coloranti, piccoli oggetti), o nel caso dello zinco, nelle gabbie nuove, tranne quelle di acciaio inox o verniciate a polvere. Anche molti giocattoli specificatamente in vendita per i pappagalli possono contenere questi metalli tossici, o essere verniciati con sostanze tossiche.
I sintomi comprendono
- Malessere generale
- Anoressia
- Rigurgito
- Vomito
- Diarrea
- Tremori
- Aumento dell’urinazione
- Presenza di sangue nell’urina nel caso del piombo (maggiormente in alcune specie, come amazzoni e cenerini)
- Morte
La diagnosi si basa
- sull’anamnesi (se il proprietario ha assistito all’ingestione di un oggetto di piombo o zinco, o se risulta che il pappagallo vive in una gabbia zincata nuova)
- sul ritrovamento dell’esame radiografico di oggetti o frammenti di metallo nel tratto digerente, ma la loro assenza non esclude l’intossicazione.
- È possibile confermare la diagnosi con un esame del sangue che rileva la quantità di piombo o zinco nel sangue.
La terapia consiste nel somministrare, per bocca o per iniezione, prodotti che legano i metalli e ne permettono l’eliminazione. In alcuni casi si possono anche somministrare lassativi per facilitare l’eliminazione delle particelle metalliche o rimuoverle chirurgicamente nel caso in cui sia possibile. Ovviamente è sempre bene impostare una terapia di supporto. Tutto ciò va eseguito da un veterinario competente.
È importantissima la prevenzione, impedendo al pappagallo di venire a contatto con gli oggetti potenzialmente pericolosi contenenti questi metalli: fate sempre attenzione quando lasciate questi animali liberi di girare per casa, preparando un ambiente controllato e sicuro
- Pubblicato il Blog
L’alimentazione della Calopsitta
Spesso l’alimentazione dei pappagalli è un aspetto che viene trascurato: miscela di semi, un pezzettino di mela ogni tanto e un po’ di lattuga sono sufficienti per far sentire al proprietario di aver compiuto il proprio dovere. Il cibo è lasciato a disposizione e sostituito solamente nel caso in cui la mangiatoia sia vuota. In realtà l’alimentazione per i pappagalli, come per tutti, del resto, è un aspetto fondamentale. Partendo da un’alimentazione sana e corretta si riescono a prevenire molte patologie comuni in questa specie e allungare di molto le loro aspettative di vita.
La sola miscela di semi non è sicuramente unʼalimentazione bilanciata per i pappagalli. Molto spesso, nelle miscele per pappagalli c’è un’elevata concentrazione di semi di girasole, che, anche se molto appetibili, andrebbero evitati o dati saltuariamente come premi e leccornia perché eccessivamente grassi. Non tutto ciò che è appetibile, è “buono”, anche noi potendo scegliere, probabilmente vivremmo di patatine fritte e gelato…ma il semplice fatto che ci piacciono non significa che ci facciano bene.
Un alimentazione scorretta e non bilanciata porta gli animali a gravi scompensi nutrizionali e molto spesso alla morte o comunque ad una vita molto più corta della norma. La dieta ottimale per le Calopsite deve essere molto varia, alternando periodicamente una miscela di semi (povero di semi di girasole, soprattutto per pappagalli tenuti come pet in casa, i quali posso andare incontro ad obesità ed a problemi epatici se alimentati con abbondanti quantitativi di grassi) con degli estrusi. Ormai in commercio ci sono molte marche di estrusi che si possono acquistare direttamente dalla ditta produttrice in internet o nei negozi per animali.
Fondamentali nella dieta dei pappagalli sono la frutta, la verdura (da fornire quotidianamente) e i mix di cereali bolliti (si possono utilizzare anche le zuppe a uso umano) e semi germinati. Per quanto riguarda la frutta e la verdura, è importante sostituirla tutti i giorni per evitare che si deteriori.
Nei periodi con maggior dispendio di energie è possibile fornire anche del pastoncino all’uovo che trovate nei negozi di animali ma che potete preparare anche in modo casalingo cucinando un uovo in acqua bollente per venti minuti, si preleva il rosso lessato e si prepara in pastoncino miscelandolo con un po’ di pane grattugiato.
Il piano alimentare va ovviamente calibrato in base alla stagione e alla fase fisiologica dell’animale. Estate\inverno, cova\riproduzione\riposo.
Ovviamente durante la stagione riproduttiva andranno somministrati cibi più ricchi in proteine e grassi. Per far ciò, si può fornire un misto di legumi bolliti o semi germinati, con aggiunta di pastone per insettivori.
Attenzione a qualche alimento che può essere molto tossico se dato ai pappagalli quindi evitare di fornire:
- Avocado
- Prezzemolo
- Salvia
- Semi di pesca, di albicocca, di ciliegia o di prugna
Tutti i cibi destinati al consumo umano non vanno somministrati, anche se “li mangia volentieri”.
Residui alimentari andrebbero tolti per evitare lo sviluppo di muffe che possono essere letali.
Il pappagallo in natura trascorre la maggior parte del tempo ricercando il cibo, volando da una parte all’altra. In cattività, per quanto siano ampi gli spazi a loro dedicati, è impossibile creare una situazione paragonabile a quella naturale. Cercate di non sovralimentarli, rendete il cibo non immediatamente disponibile, in modo da stimolare la ricerca.
- Pubblicato il Blog