Il citello (Spermophilus Citellus)
Il citello (Spermophilus citellus) è un roditore appartenente alla famiglia degli sciuridi, come gli scoiattoli. Viene anche comunemente chiamato scoiattolo di terra. È originario dell’Europa centro-orientale (Austria, Germania, Repubblica Ceca, Turchia) e di alcune zone della Russia. Popola principalmente le aree steppiche e le praterie; infatti, in molte zone dell’habitat originario, si è ormai estinto per la conversione delle praterie in pascoli.
Aspetto fisico
Il citello possiede denti incisivi a crescita continua, una corretta masticazione di alimenti adeguati ne garantisce il consumo. Ha poi due premolari e tre molari per emiarcata per un totale di 22 denti. Gli arti sono relativamente corti, con zampe anteriori e posteriori di lunghezza quasi uguale. Il dorso è di colore marrone grigio; il ventre è giallo, mentre mento e gola sono bianchi. Le orecchie sono piccole e la coda è corta, ricoperta di peli. Sono dotati di tasche guanciali che vengono utilizzate per trasportare il cibo nella tana in vista del letargo invernale (non presenti nei cani della prateria che non vanno in ibernazione). I citelli sono dotati di 4 artigli anteriormente e 5 posteriormente. Le unghie crescono velocemente e richiedono un consumo quotidiano, che in natura avviene con lo scavo (scavano infatti tunnel e gallerie sotterranee). Per distinguere i sessi è necessario affidarsi alla distanza ano-genitale: circa il doppio nel maschio.
Nel complesso, l’aspetto è molto simile a quello del cane della prateria, anche se la taglia è molto più ridotta. Oltre che per la taglia più ridotta, il citello si distingue dal cane della prateria per il colore (più grigiastro nel citello, più marrone nel cane della prateria) e per la coda, che è di colore scuro per tutta la lunghezza, anziché solo in punta.
I citelli adulti raggiungono una lunghezza di circa 20 cm e un peso di 200-400 grammi.
La vita media è di 5-6 anni.
I citelli
• Sono diurni
• Trascorrono molto tempo nelle tane che essi stessi scavano. Le tane sono di due tipi:
o Uno è l’alloggio permanente, in cui passare le notti o l’intero inverno.
o L’altro è una tana provvisoria e protettiva che serve come rifugio o per un breve riposo.
• Durante l’inverno vanno in letargo. Prima di ibernare, chiudono l’entrata della tana con il terriccio e costruiscono un tunnel che si estende vicino alla superficie. I maschi adulti iniziano a ibernare nella prima metà di agosto, mentre le femmine adulte restano all’esterno fino alla prima metà di settembre. Raramente si vedono all’esterno oltre ottobre. Portano il cibo nelle tane per consumarlo, e forniscono cibo ai piccoli.
• Nelle loro tane conducono vita solitaria, tuttavia costituiscono delle colonie nel senso che costruiscono le loro tane vicine, per aiutarsi a difendersi dai predatori.
Gestione casalinga
Sono animali che hanno bisogno di uno spazio notevole. La soluzione migliore è sicuramente quella di una recinzione esterna, che deve essere allestita appositamente per evitare le fughe: sono ottimi rosicchiatori ed è nella loro natura scavare tunnel sotterranei. Anche la posizione della recinzione deve essere studiata in modo che non sia eccessivamente esposta al sole (non amano il caldo): è importante ricreare all’interno della struttura delle zone di ombra.
Nel caso sia impossibile alloggiarli all’esterno lo spazio messo a disposizione dovrebbe essere il piu ampio possibile: la gabbia dovrebbe essere molto ampia, meglio se a più piani. Hanno la tendenza a rodere incessantemente le sbarre della gabbia se chiusa, nel tentativo di trovare una via di fuga. Questo atteggiamento può causare dei traumi agli incisivi e successivi problemi di salute. Meglio mettere a disposizione una stanza intera, la gabbia dovrebbe essere lasciata sempre aperta, in modo che venga usata come nido\rifugio. È importante dare loro la possibilità di scavare e crearsi un nido, lasciando sul fondo della gabbia abbondante fieno, per esempio, o altro materiale analogo.
L’ambiente può essere arricchito da scatole con un’apertura, tubi in pvc, rotoli di cartone. Altri giochi possono essere rappresentati da oggetti da rodere, come rametti o giochi di legno non tossico, ma si devono evitare oggetti di plastica.
lo spazio che viene lasciato a disposizione deve essere reso sicuro per la sua incolumità. In particolare occorre fare attenzione a mettere fuori dalla sua portata fili elettrici, sostanze dannose e oggetti fragili che può rompere.
Il citello, rispetto al cane della prateria, è un animale relativamente poco sociale, tuttavia è possibile tenere insieme una coppia (anche se di sesso opposto, perché le gravidanze in cattività sono comunque rare). Non si devono mai tenere insieme due maschi in presenza di una femmina perché entrerebbero in competizione.
Alimentazione
La dieta in cattività deve essere strettamente vegetariana, basata su fieno e verdure. Il fieno, deve essere sempre a disposizione. La dieta va integrata con verdure (es. carote, sedano, radicchio, coste) e piccole quantità di frutta fresca come premio occasionale. In cattività, avendo vita più sedentaria, l’alimentazione dovrà essere regolata per evitare problemi di salute quale l’obesità, tra le più frequenti patologie nutrizionali in questi animali, pertanto si devono evitare i cibi grassi e ricchi di carboidrati. Da evitare: alimenti specifici per conigli, criceti e scoiattoli, cereali, frutta secca, carboidrati, dolciumi, cioccolata e avocado (tossici) e piante velenose come edera, aloe vera, felce, eucalipto, oleandro, ciclamino e molte altre.
L’acqua deve essere sempre a disposizione e cambiata giornalmente, sono preferibili abbeveratoi a goccia che non si rovesciano e non si sporcano.
Dal veterinario
Non necessita di vaccini, ma almeno un paio di volte all’anno è consigliabile portarlo dal veterinario per accertarsi del suo stato di salute ed effettuare un controllo dei denti.
Mi devo preoccupare quando presenta
• Atteggiamenti di isolamento e apatia
• Rifiuto del cibo
• Movimenti stereotipati
• Gonfiore delle tasche guanciali
• Strascicamento degli arti
• Prurito e zone alopeciche
• Respiro affannoso
• Ferite
• Incrostazioni oculari
• Scolo nasale
• Diarrea
Il citello è un animale simpatico e curioso che può essere un buon animale da compagnia, richiede tuttavia delle cure notevoli e rimane sempre un po’istintivo e selvatico se non viene condizionato nel modo coretto. Sono molto territoriali, caratteristica che può causare problemi in caso di ospiti, questi animali non esitano a mordere se si sentono minacciati.
Lo sapevi che
Prima del letargo accumula fino a 5 mm di grasso per l’inverno
Ama portare nella sua tana oggetti lucenti e brillanti che lo attirano molto.
è un animale molto comunicativo: hanno un linguaggio talmente evoluto, fatto di suoni acuti di diverse tonalità e digrignamento dei denti, da aver sviluppato due diversi segnali d’allarme, uno per i predatori dall’alto e uno per quelli da terra.
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Laserterapia
La laser-terapia, o fotobiomodulazione, sfrutta l’energia fotonica penetrante per ottenere un cambiamento nel tessuto colpito dal raggio luminoso.
In medicina umana è utilizzata da tempo (primi anni 70) in molte branche specialistiche
• Medicina estetica
• Dermatologia
• Chirurgia oculistica
• Medicina riabilitativa
• Odontoiatria
• …
Anche in medicina veterinaria, da molti anni ormai, viene utilizzata quotidianamente in diversi campi.
È una pratica poco invasiva che non richiede anestesia, non provoca dolore ed è quasi priva di effetti collaterali. L’unica controindicazione è la possibilità di insorgenza di un danno retinico, per cui sarebbe meglio evitare l’esposizione diretta degli occhi, indossando sempre speciali occhiali durante la seduta per l’operatore e una benda oscurante per il paziente.
La diffusione di tale metodica è legata ai numerosi vantaggi:
1. All’effetto antinfiammatorio ed antiedemigeno dovuto alla modulazione della permeabilità dei vasi linfatici e capillari e all’eliminazione delle molecole pro-infiammatorie.
2. All’effetto analgesico grazie alla modulazione della conduzione dello stimolo dolorifico
3. All’ attività biostimolante che favorisce la riparazione e la cicatrizzazione dei tessuti, grazie
a. all’aumentato apporto di nutrienti ed ossigeno
b. alla modulazione della proliferazione e differenziazione cellulare
c. all’attivazione delle funzioni cellulari
d. alla modulazione dell’organizzazione delle proteine della matrice extracellulare
Grazie agli effetti sopraelencati, la laserterapia offre innumerevoli vantaggi e benefici, quali:
• potente effetto antinfiammatorio
• riduzione della contrattura muscolare
• rapida cicatrizzazione di lesioni superficiali come ferite e piaghe
• miglioramento immediato della circolazione ematica locale
• rapida risoluzione dell’edema
• rapido recupero dell’integrità della struttura dei tessuti danneggiati
• riduzione del dolore in tempi brevi ed un miglioramento della qualità di vita.
La laserterapia rappresenta un interessante supporto alle comuni terapie farmacologiche o il trattamento di elezione nei confronti di alcune patologie che non rispondono alle terapie tradizionali.
In particolare negli animali non convenzionali viene utilizzata per il trattamento
• Ferite cutanee: accelera e favorisce la guarigione
• Edema: favorisce il drenaggio dell’edema infiammatorio.
• Lesioni/fratture del carapace e del piastrone nelle tartarughe: favorisce il processo di guarigione delle lesioni a carico dei tessuti duri.
• Ascessi: accelera il drenaggio dell’edema infiammatorio e riduce l’infiammazione.
• Osteoartrite: favorisce la riduzione dell’infiammazione e del dolore; in presenza di patologie croniche permette infatti un sensibile miglioramento della qualità di vita del paziente.
• Pododermatite: riduce l’infiammazione, l’edema ed il dolore e parallelamente favorisce la cicatrizzazione delle lesioni.
• Post-operatorio: permette di ridurre l’edema ed il dolore conseguenti all’intervento chirurgico.
Chiedete al vostro veterinario per saperne di piu
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Il becco
Il becco è una parte anatomica fondamentale per il pappagallo, viene infatti usato per fare molte cose
• difendersi da eventuali nemici usandolo come arma
• giocare o interagire con gli oggetti circostanti
• spostarsi
• accudire il piumaggio,
• pulire, rompere, scegliere il cibo
• mangiare (ovviamente)
è robusto, potente ed estremamente sensibile, in grado di rompere una noce e sbucciare un chicco d’uva.
Si tratta di una struttura complessa, in continua crescita ed evoluzione, costituita da tessuto osseo, vascolare e cheratina. Ha, inoltre, delle terminazioni nervose con funzione sensoriale che permettono di rilevare la temperatura e la pressione.
La porzione esterna (ranfoteca) è la parte più esposta ai traumi e alle lesioni.
Il becco, può essere sede di diverse problematiche:
• malformazioni (legate, spesso, ad una scorretta gestione e alimentazione)
• traumi
• infezioni batteriche
• infezioni fungine
• infezioni virali
• neoplasie
• parassitosi
Tutte le alterazioni osservate a carico di questa struttura possono essere, inoltre, un campanello d’allarme di patologie metaboliche o infettive.
Le anomalie strutturali del becco più comuni includono:
Becco troppo cresciuto: è una patologia comunissima. Un becco troppo cresciuto, può essere il risultato di traumi, anomalie dello sviluppo, squilibri nutrizionali, infezioni da Poliomavirus, o malattie del fegato (soprattutto nei pappagalli che vengono alimentati con mangimi troppo grassi e con troppo girasole).
Tutti i volatili con alterazione del becco, soprattutto se si tratta di un pappagallo, sanno adattarsi e imparano a conviverci.
Questo fino a che la crescita non causa dolore, fastidio o vero impedimento al movimento o all’apertura della bocca.
La limatura del becco permette solamente una parziale risoluzione del problema, è fondamentale
indagare le cause scatenanti.
Becco a “forbice”: ovvero becco con una deviazione laterale delle due branche, è dovuto in genere a errori durante l’incubazione e l’imbecco dei giovani pulli.
Un rimedio abbastanza efficace, ma che va attuato molto precocemente, è quello di premere almeno 5 o 6 volte al giorno il becco deviato tentando di raddrizzarlo nella posizione naturale.
Nel caso questo accorgimento non sia sufficiente a rimettere in asse il becco, il Medico veterinario dovrà agire chirurgicamente o mediante resine per modificarne l’assetto.
Prognatismo del becco: la porzione inferiore della ranfoteca è più sviluppata della parte superiore.
In questo caso la correzione chirurgica va attuata solo nei casi più gravi, e solo nel caso in cui l’animale non riesca ad utilizzare il becco o non riesca ad alimentarsi.
Alterazioni del colore
La parte cheratinizzata può apparire più chiara o più scura o presentare chiazze di diverso colore.
Può essere causata da ematomi, infezioni, malnutrizione.
Alterazioni della superficie
La superficie del becco può apparire piu o meno polverosa del normale, in corso di infezioni o di una mancata pulizia.
Anche la cheratina stessa può essere anomala in seguito a traumi, mancata pulizia, sfregamento, parassitosi, infezioni, ecc.
Alcune parti del becco possono essere mancanti: Si tratta di situazioni legate a traumi (ad esempio lotte tra conspecifici), fratture, infezioni, neoplasie.
Il becco è una porzione importante, e può raccontarci molto della salute del nostro volatile.
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Il linfoma nel ratto
Il linfoma è una forma neoplastica che colpisce il sistema linfoide.
Più precisamente, per “linfoma” s’intende un gruppo eterogeneo di tumori che originano da cellule dei sistemi linfatico e reticolo endoteliale e coinvolgono i linfociti B e T e relativi precursori
Può svilupparsi in tutti gli organi e tessuti in cui ci sono cellule che appartengono al tessuto linfoide: fegato, milza, linfonodi, reni, intestino, polmoni, cute, SNC…
Ovviamente i sintomi variano in funzione dell’organo coinvolto, è possibile avere
• Ingrossamento dei linfonodi esplorabili
• Tumefazione, gonfiore, del volto e del collo (secondario ad un rallentamento del ritorno venoso per l’ingrossamento dei linfonodi)
• Porfiria: secrezioni rossastre da occhi e naso, che in linea generale sono indicative di una condizione di stress del ratto
• Perdita di peso (in alcuni casi la perdita di peso può essere mascherata da un’organomegalia che può far assumere al ratto un aspetto a “barba papà”, da alcuni confuso con accumulo di adipe)
• Letargia
• Anemia
• Scarso appetito
• Difficoltà respiratoria
• Aumento della frequenza respiratoria\respiro superficiale
• Lesioni cutanee
• Prurito
• Atassia\paraparesi, spesso transitoria, con coinvolgimento in particolare del treno posteriore
• Gonfiore addominale secondario ad un aumento del volume del fegato e\o della milza
Eziologia
Il linfoma può colpire diverse linee cellulari (si può avere quindi una classificazione a seconda del tipo di cellula che viene interessata nel processo neoplastico).
Le cause dell’insorgenza del linfoma o del linfosarcoma non sono note; alcuni studi sembrano ipotizzare una possibile eziologia virale che provoca un indebolimento del sistema immunitario.
Il sistema linfatico svolge diverse funzioni, in particolare di filtraggio e di difesa immunitaria
Si tratta di un sistema molto complesso ed articolato costituito dai vasi linfatici e da organi linfatici, ovvero:
• Midollo osseo;
• Tonsille;
• Timo;
• Milza;
• Linfonodi.
• Tutti i tessuti in cui possiamo trovare i linfociti
Il sistema linfatico aiuta a drenare l’eccesso di fluidi e proteine dagli organi e dai tessuti. I linfonodi, contenendo i linfociti, sono parte del meccanismo di difesa dell’organismo, rimuovono batteri e sostanze estranee.
In presenza di un’infiammazione, di un’infezione o di una neoplasia, i linfonodi possono aumentare notevolmente di dimensioni; anche fegato e milza, in presenza di un processo neoplastico possono diventare megalici, così come altri organi, come i reni e il snc possono essere infiltrati dalle cellule del sistema linfoide alterato.
I linfomi possono essere classificati in base alla loro
• Morfologia,
• Caratteristiche citologiche, istologiche e immunofenotioiche
• Anatomia: tessuti coinvolti e sintomi correlati
1. Mediastinico: il tumore può coinvolgere il torace, spostare la trachea, comprimere i polmoni provocando sintomi respiratori.
2. Alimentare
3. Multicentrico: coinvolgere piu tessuti e linfonodi; spesso si ha ingrossamento della milza e del fegato
4. Cutaneo
5. Centrale: con coinvolgimento del sistema nervoso centrale
6. Midollo osseo
Diagnosi:
La diagnosi si basa sulla storia clinica e sui sintomi; spesso è necessario eseguire delle indagini collaterali che verranno scelte dal vostro veterinario in base alla sintomatologia presente: radiografie o ecografie o entrambe.
Per arrivare ad una diagnosi di certezza spesso è necessario eseguire un esame citologico che mi può aiutare anche a classificare il linfoma. La classificazione è importante per avere una prognosi e decidere se impostare, o meno, un protocollo chemioterapico nel rispetto della qualità di vita dell’animale.
Terapia
Raramente, per le caratteristiche stesse del linfoma esiste una terapia chirurgica. Spesso è importante associare una terapia antibiotica e dei corticosteroidi per ridurre l’infiammazione.
La chemioterapia va decisa insieme al medico veterinario in base al grado e alle caratteristiche del linfoma stesso e allo stato generale del paziente.
Caso clinico:
Gina è una ratta di circa 1.5 anni, sterilizzata.
Da qualche tempo (un paio di settimane) inizia a manifestare degli atteggiamenti strani: è letargica, presenta porfiria e tiene la testa leggermente inclinata su un lato. In alcuni momenti sembra anche perdere l’equilibrio. Ad una prima visita non sembra esserci nulla di anomalo; è sempre stata leggermente in sovrappeso per cui la palpazione dell’addome non risulta agevole. Dopo circa due settimane dall’insorgenza di questi atteggiamenti anomali inizia a manifestare una difficoltà respiratoria importante. Viene immediatamente effettuata una radiografia del torace che mostra un abbondante versamento.
Per dare sollievo alla respirazione vengono drenati circa 20 ml di liquido toracico.
L’ecografia mostra un ingrossamento linfonodale dei linfonodi addominali associato a un epato e splenomegalia.
È stata effettuata una citologia linfonodale che ha confermato la presenza di un linfoma. Purtroppo dopo qualche giorno dalla diagnosi. Gina è morta e non è stato possibile né effettuare una classificazione del tipo di linfoma presente né impostare una terapia chemioterapica.
Le forme neoplastiche del sistema linfoide nel ratto non sono così frequenti. Molto spesso, nei casi presenti in letteratura si assiste ad un’atassia con difficoltà di deambulazione e paraparesi del treno posteriore (legata ad un’infiltrazione di cellule linfoidi del midollo spinale). Le forme che colpiscono gli animali giovani sono sicuramente piu aggressive rispetto alle forme che si manifestano nei soggetti adulti, anche se in realtà si conosce ancora poco su questo tipo di patologia e sicuramente sono necessari maggiori studi, in particolare sui protocolli terapeutici che possono essere instaurati.
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La coccidiosi epatica nel coniglio
La coccidiosi è una malattia causata da parassiti piuttosto comuni nei conigli, detti coccidi. Sono organismi microscopici, invisibili a occhio nudo, unicellulari. La malattia è molto più frequente nei conigli giovani, mentre le manifestazioni sono più rare nell’adulto.
Nel coniglio vi sono dodici diverse specie di coccidi (del genere Eimeria) che differiscono per la diversa localizzazione a livello del tratto gastroenterico (dove si insediano) e per la diversa patogenicità, alcuni sono del tutto innocui, altri più o meno pericolosi per la salute. Uno solo Eimeria Stediae si localizza a livello epatico.
La coccidiosi epatica è una malattia frequente nei conigli, anche se spesso non viene diagnosticata perché le loro uova non sempre sono di facile reperimento nelle feci con esami normali. Esami più specifici, che hanno una maggior sensibilità, come la tecnica Flotac, mi permettono di individuarli con maggior certezza, permettendo anche una differenziazione tra le diverse specie.
I sintomi sono scarsamente specifici e generalmente sono piu gravi nei conigli di giovane età, mentre nell’adulto la malattia può manifestarsi in modo asintomatico.
• abbattimento,
• stato di nutrizione scadente
• ritardo nell’accrescimento
• inappetenza
• diarrea
• perdita di peso
L’interessamento del fegato, con localizzazione del parassita nel sistema biliare, determina uno stato di epatopatia (sofferenza dell’organo in questione) con conseguente sintomatologia legata al suo mal funzionamento come:
• ittero
• costipazione
• mancanza di appetito
• gonfiore addominale
Si possono individuare diversi fattori predisponenti come stress, debolezza e gestione scorretta, che aumentano le possibilità del coniglio di contrarre questa patologia.
Modalità di trasmissione del parassita
La trasmissione del patogeno può avvenire per via oro-fecale, tramite alimenti contaminati o per il passaggio dei parassiti dalla mamma al cucciolo.
Molti conigli, in particolare adulti, sono portatori asintomatici, e fungono da reservoir della malattia, contribuendo alla diffusione ambientale del parassita. Inoltre in seguito a situazioni stressanti o a causa di patologie secondarie, si può avere un indebolimento generale del sistema immunitario e lo sviluppo della malattia.
La diagnosi
La presenza di coccidi si diagnostica con l’esame delle feci che permette di osservare al microscopio i coccidi. Questo tipo di diagnosi, che si effettua di routine, è generica perché non permette l’identificazione precisa della specie. Ciò richiede l’utilizzo di tecniche particolari.
In presenza di epatopatia si possono avere
• Alterazioni dei valori epatici (ematobiochimico)
• Alterazioni epatiche visibili radiograficamente quale epatomegalia e ascite (presenza di liquido in addome); in alcune particolari condizioni la distensione della colecisti può essere evidente anche radiograficamente.
• Alterazioni epatiche e biliari visibili ecograficamente. L’ecografia addominale può rilevare la presenza di ascite (dovuta all’insufficienza epatica), epatomegalia con alterazioni del parenchima che può essere disomogeneo e può presentare una dilatazione dei vasi epatici e dei dotti biliari.
Prevenzione
Per prevenire l’insorgenza della malattia è importante
• effettuare dei controlli periodici delle feci, che sono fondamentali per identificare la presenza delle oocisti, in particolare nei soggetti di nuova introduzione, che non dovrebbero essere inseriti nell’ambiente prima di aver effettuato un periodo di quarantena.
• effettuare una pulizia giornaliera della lettiera
• I coccidi emessi nell’ambiente con le feci possono contaminare il terreno a lungo, senza che sia possibile un trattamento efficace.
o La luce solare è il mezzo migliore per distruggere questi parassiti.
o In casa, la strategia migliore consiste nell’eliminare prontamente le feci e pulire bene le superfici con cui sono state a contatto attraverso l’utilizzo del vapore (vaporella)
• utilizzare alimenti di buona qualità (attenzione particolare ad erbe di campo che potrebbero provenire da terreni contaminati o concimati con le deiezioni di conigli infestati)
La terapia
È possibile che il coniglio guarisca spontaneamente e diventi immune a quel tipo di coccidio.
Tuttavia l’immunità è specifica per ogni diversa specie di coccidi: se infestato da una specie diversa può sviluppare nuovamente la malattia.
I conigli che sviluppano una immunità parziale possono rimanere sani, ma liberare coccidi con le feci per mesi o anni.
Per la terapia si possono utilizzare diversi tipi di farmaci antiparassitari specifici. Durante il trattamento e nei giorni successivi è opportuno eliminare prontamente le feci, in modo da evitare il re ingestione accidentale dei parassiti.
Al termine della terapia utilizzata è opportuno ripetere per piu volte un esame delle feci.
Se il coniglio sta male e ha diarrea occorre inoltre instaurare una terapia di sostegno con
• reidratazione
• farmaci per la motilità intestinale
• analgesici,
• alimentazione assistita
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Calcolo in un cincillà
Pisolo è un cincillà di 4 anni che viene portato in visita per un imbrattamento dell’addome, per la proprietaria legato a scialorrea, e una fimosi. Per fimosi si intende l’impossibilità o la difficoltà di retrarre il pene che rimane estroflesso rischiando di lesionarsi anche permanentemente.
Alla visita clinica si mette in evidenza un imbrattamento dell’addome, legato però ad una minzione inappropriata (urinazione non normale). Il pene risulta estroflesso esternamente e ad un attento esame non si riscontrano anelli di pelo che possono aver causato il problema. La mancata pulizia della parte, in alcuni soggetti può indurre la formazione di anelli di pelo che poi possono causare una fimosi del pene.
Per escludere la presenza di patologie urinarie si esegue subito una radiografia che mette in evidenza la presenza di un voluminoso calcolo in vescica.
Per meglio individuarne la posizione è stata effettuata un’ecografia che ha messo in evidenza il calcolo a livello del collo vescicale.
In questi casi, in particolare quando ci sono dei sintomi importanti come
• Minzione inappropriata
• Fimosi
• Anoressia
• Segni di dolorabilità addominale
L’unica soluzione possibile è effettuare una chirurgia con la rimozione del calcolo stesso. Se il calcolo ha delle dimensioni importanti è pressoché impossibile che l’utilizzo di sostanze come il Fillanto aiutino a scioglierlo in tempi brevi.
Se non ci sono controindicazioni all’anestesia è meglio intervenire nel minor tempo possibile.
L’urolitiasi nel cincillà è meno comune rispetto alla cavia e al coniglio, dove il particolare metabolismo del calcio predispone alla formazione di calcoli. Rispetto a queste specie il cincillà non elimina il calcio assunto in eccesso con la dieta con le urine, ma con le feci. Pertanto i fattori predisponenti sono ancora poco conosciuti e risulta difficile consigliare i proprietari dei metodi per la loro prevenzione. Da uno studio retrospettivo si è visto che sono maggiormente predisposti i maschi adulti e che i calcoli sono di carbonato di calcio. Possono localizzarsi sia in vescica che in uretra o in entrambe. Generalmente i calcoli vescicali sono più facilmente asportabili e sembrano avere una prognosi migliore: portando tempestivamente il cincillà dal veterinario non appena vi accorgete che fa sangue nelle urine o che fa difficoltà ad urinare, è più facile che il calcolo rimanga in vescica e non impegni l’uretra.
I sintomi sono diversi, possono essere o meno presenti a seconda del caso
• ematuria (presenza di sangue nelle urine)
• pollachiuria (aumento della frequenza di urinazione con quantità ridotte di urina)
• stranguria (dolore durante la minzione)
• dolore addominale
• talvolta si riescono a palpare i calcoli se questi sono grossi o numerosi
La diagnosi di urolitiasi nei cincillà viene effettuata tramite visita clinica, anamnesi, radiografia, ecografia addominale e esame delle urine. Le recidive possono essere frequenti.
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La stasi del gozzo negli uccelli
Per stasi del gozzo si intende un alterato\ridotto tempo di svuotamento dello stesso. Non si tratta di una malattia vera e propria ma di un sintomo, che può essere secondario a diverse patologie. Può interessare soggetti di tutte le età e specie, anche se si verifica più frequentemente negli animali giovani. Le possibili complicazioni della stasi sono:
• ipoglicemia
• polmonite ab ingestis in seguito al rigurgito
• disidratazioneTutte queste condizioni possono portare rapidamente a morte il vostro uccello, ed è per questo che si tratta di una condizione che va trattata con urgenza.
Il gozzo, o ingluvie, è una dilatazione dell’esofago, alla base del collo, dove viene immagazzinato il cibo e dove si verifica una prima digestione. Il tempo di permanenza delle ingeste nel gozzo è breve, il cibo si sposta rapidamente nel proventricolo e nello stomaco dove avviene la digestione vera e propria. La progressione dell’alimento da una parte all’altra dell’intestino è regolata da un meccanismo complesso. Una qualsiasi alterazione di questo meccanismo può determinare il ritorno del cibo nel gozzo o la sua mancata progressione. Quando il cibo rimane nel gozzo comincia a fermentare, si moltiplicano batteri e lieviti: il materiale emana un caratteristico odore acido e spesso si formano anche bolle di gas, per cui il gozzo appare come un palloncino gonfio.
Le cause della stasi del gozzo possono essere molteplici e non sempre è possibile arrivare ad una diagnosi, soprattutto se l’animale non viene portato precocemente e si verificano delle complicazioni secondarie:
1. Impaccamento del cibo in seguito a errori alimentari, per esempio un consumo eccessivo di vegetazione dura e fibrosa (in particolare questo si verifica nei polli che razzolano) o ad una condizione di disidratazione
2. Motilità gastrointestinale ridotta o compromessa in seguito a degli errori gestionali, temperature inadeguate, troppo alte\basse, oppure in seguito all’ ingestione di una quantità eccessiva di cibo in caso di competizione tra diversi esemplari che sviluppano una foga eccessiva
3. Malattie virali: Marek, Poliomavirus, PBFD, PDD
4. Avvelenamento da metalli pesanti, in particolare piombo e zinco
5. Ostruzione gastrointestinale (GI): l’ostruzione meccanica, spesso da trucioli o altro materiale inadatto usato come lettiera, più raramente da veri corpi estranei, fra cui sondini di gomma usati per l’imbecco.
6. Forme neoplastiche negli animali adulti
7. Elevati carichi di parassiti intestinali che creano una vera e propria ostruzione meccanica
8. Nei pulli le cause sono legate ad una mal gestione del pullo stesso a. Ambiente di stabulazione troppo freddo
b. Alimento somministrato troppo freddo, o troppo caldo che causa ustione
c. Alimento non fresco: conservato fra un pasto e l’altro tende a fermentare e la fermentazione ovviamente continua anche a livello di gozzo.
d. I pulli dovrebbero essere alimentati poco e spesso; somministrando pochi pasti al giorno ma molto voluminosi, è possibile indurre distensione e ipotonicità delle pareti del gozzo.
I sintomi della stasi
• Mancato svuotamento del gozzo per piu di 24 ore
• Aspetto arruffato…non sano dell’animale
• Mancanza di appetito
• Rigurgito frequente
• Ipotermia
• Disidratazione
• Diarrea
• Agitazione
• Depression\ letargia
Stasi ed impaccamento sono due cose diverse. Con la prima si intende un rallentato svuotamento, la seconda indica un mancato svuotamento e la mancata progressione anche dei liquidi. Generalmente è una condizione piu grave.
Diagnosi
La diagnosi è clinica e prevede la visualizzazione del gozzo disteso, molto spesso possono essere presenti delle bolle d’aria legate ad una fermentazione.
Possono essere eseguite delle radiografie, dei tamponi del gozzo (per valutare la popolazione batterica e l’eventuale presenza di agenti micotici) e degli esami del sangue al fine di individuarne la causa.
Terapia
• Come prima cosa si devono somministrare fluidi caldi sottocute o per via endovenosa, in particolare se il soggetto è ipotermico e disidratato.
• Il soggetto va riscaldato in camera calda
• Possono essere somministrate delle vitamine e una copertura antibiotica iniettabile (vista l’ipofunzionalità dell’apparato digerente)
• Quanto prima possibile è necessario svuotare il gozzo: si possono provare prima delle leggere manipolazioni per valutare la progressione dell’alimento. Con l’aiuto di una strumentazione adatta il veterinario può aspirare il contenuto del gozzo ed effettuare dei lavaggi con una soluzione fisiologica tiepida nel caso in cui con le semplici manipolazioni il gozzo non si svuoti
• Si possono somministrare farmaci che stimolano motilità, antibiotici ed antimicotici, in relazione all’esito degli esami delle citologie del gozzo
• Un po’ alla volta si può ricominciare a nutrire il paziente con pasti piccoli e frequenti, monitorando la ripresa della peristalsi
Come sempre evitate i fai da te e rivolgetevi sempre a VETERINARI esperti; gli allevatori, anche se dotati di una grande esperienza non sono dei veterinari.
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Il Duprasi (Pachyuromys duprasi)
Il duprasi (Pachyuromys duprasi) è un simpatico roditore appartenente alla famiglia dei gerbilli originario dell’Africa settentrionale (Algeria, Egitto, Tunisia). Molto spesso viene chiamato “gerbillo dalla coda grassa” per la particolare conformazione della sua coda.
È un animale docile e tranquillo, scarsamente mordace e di facile gestione, che può rivelarsi un simpatico amico. Tanto docile con le persone, sono molto aggressivi tra di loro; preferiscono la vita in solitudine. Fenomeni di cannibalismo possono presentarsi anche tra la mamma e i suoi piccoli.
Caratteristiche fisiche
Il duprasi presenta un corpo tozzo e rotondeggiante con una folta pelliccia, grigia e marrone dorsalmente e bianca ventralmente. Il muso è appuntito e dotato di lunghi baffi. La coda ha un aspetto caratteristico è quasi completamente priva di pelo e ha la forma di una clava; rappresenta un deposito di tessuto adiposo, perciò nei soggetti sani e in stato di nutrizione ottimale è ben arrotondata. Nella coda viene immagazzinato il grasso, che verrà poi utilizzato dall’animale come fonte di acqua ed energia in caso di necessità. Se è troppo sottile, può indicare che l’animale non mangia abbastanza o che non sta molto bene.
Il corpo, coda inclusa, raggiunge i 15 cm e il peso oscilla tra i 50 e gli 80 grammi. Il maschio (80-82 g) è più grande della femmina (55-60 g). Maschio e femmina si distinguono in base alla distanza ano-genitale (la distanza tra l’apertura genitale, prepuzio nel maschio, e vulva nella femmina e l’ano), che è maggiore nel maschio. Nei maschi adulti i testicoli sono voluminosi e si osservano facilmente quando si tiene il duprasi in posizione verticale. Nella femmina, dopo i 4 mesi di età sono visibili 4 paia di capezzoli, assenti nel maschio.
La dentatura comprende 4 incisivi e 12 molari, mentre non sono presenti canini e premolari; la formula dentale è I 1/1, C 0/0, PM 0/0, M 3/3.
Habitat naturale
In natura lo si può trovare in aree desertiche e rocciose, dove scava gallerie e costruisce tane in profondità nel terreno, utili per nascondersi e proteggersi dai predatori. È un animale notturno che inizia la sua attività al crepuscolo e termina alle prime luci del mattino; in cattività, però, è frequente trovarli svegli durante la giornata. I duprasi, a differenza dei comuni gerbilli, sono animali solitari che non apprezzano la compagnia di altri individui della loro specie. Maschi e femmine si incontrano solo per riprodursi, mentre i cuccioli rimangono con la madre fino a che non sono abbastanza grandi da allontanarsi e vivere da soli. Due adulti che si ritrovano a vivere a stretto contatto possono arrivare ad aggredirsi e ferirsi anche gravemente. L’aspettativa media di vita è di 2-4 anni.
Indole
Una volta abituati al contatto umano, i duprasi sono tra i roditori più miti, pacifici e dolci. Essendo prede temono i movimenti rapidi e bruschi. Ci si deve guadagnare la loro fiducia avvicinando lentamente le mani, meglio se con qualcosa da mangiare, aspettando che siano loro ad avvicinarsi e senza forzarli. Con il tempo saranno loro stessi a cercare il contatto. I maschi sono di solito più mansueti delle femmine, ma il carattere varia da individuo a individuo.
Alimentazione
È un insettivoro: si nutre di invertebrati ma integra la dieta con vegetali.
L’alimento ideale è rappresentato da una dieta in pellet per roditori insettivori ad alto tenore proteico a cui devono essere aggiunte delle proteine di origine animale come insetti, adeguatamente integrati con il calcio (tarme della farina, camole, caimani e grilli: attenzione a non esagerare con le prime due perché altamente caloriche). Per un corretto apporto di minerali e vitamine si possono aggiungere anche piccole porzioni di verdure da dare crude: insalata, zucchine, carote, cetrioli, radicchio, peperoni, sedano. Saltuariamente possiamo aggiungere alla sua dieta dei pezzetti di frutta e frutta secca, senza eccedere.
Gli alimenti per criceti, a base di semi, cereali e frutta secca, sono da evitare perché causano obesità. In presenza di alimenti specifici è sempre consigliato il loro utilizzo: la dieta commerciale è ben formulata ed integrata se di alta qualità (impariamo a leggere le etichette), e si rischia meno l’insorgenza di carenze o iperingrassamento. Non tutti i roditori hanno le stesse esigenze, è fondamentale rispettare le loro caratteristiche fisiologiche.
Deve essere sempre lasciata a disposizione acqua da bere fresca e pulita, assicurandosi che riescano ad accedervi.
Stabulazione
Essendo animali scavatori per poter seguire il loro istinto, hanno bisogno di un terrario e di uno strato di lettiera alto almeno 10- 15 cm. Possono essere utilizzati dei terrari per roditori in vendita nei negozi di animali o anche acquari riadattati. Le dimensioni minime per garantire il benessere di questi animali sono 75x40cm. Nell’alloggio scelto si deve mettere una quantità abbondante di lettiera, segatura, truciolato o canapa. È bene fornire anche striscioline di carta e del fieno che verranno utilizzate come giaciglio per il nido. Altri acquisti indispensabili sono una ruota, una casetta, il beverino, un ripiano su cui poter mettere la ciotolina per il cibo e una vaschetta con la sabbia: quest’ultima serve ai duprasi per pulirsi il pelo che, altrimenti, tende a diventare unto e arruffato. Sono molto apprezzati anche oggetti in legno come ponti, scalette, ripiani e tubi. La temperatura ideale è di 24°C e l’umidità di 35-50%. Essendo adattati ad un clima arido, i duprasi producono scarsa urina e quindi tendono a sporcare poco il fondo.
Riproduzione
I duprasi raggiungono la maturità sessuale a 2,5-3,5 mesi di età. Il maschio e la femmina devono essere inseriti gradualmente, facendoli incontrare in un ambiente neutro; se si accettano, devono essere lasciati insieme alcuni giorni sotto stretto controllo. Durante il rituale di accoppiamento sia il maschio che la femmina si alzano in piedi e simulano una sorta di lotta emettendo degli squittii. Dopo l’accoppiamento devono essere nuovamente separati, poiché la femmina spesso aggredisce il maschio. Possono riprodursi tutto l’anno I duprasi non formano coppie fisse e accettano di accoppiarsi anche con soggetti non familiari.
La gravidanza dura 19-22 giorni. La femmina costruisce un nido in cui allevare i piccoli, che sono in media 3 per parto (con un range di 1-7). Alla nascita sono molto immaturi, ciechi, sordi e privi di pelo, con un peso di circa 2,5 g. I piccoli crescono velocemente, raddoppiando le dimensioni dopo la prima settimana di vita. A due settimane di età triplicano il peso alla nascita; a 16 giorni aprono gli occhi. Iniziano a consumare cibo solido (es. pellet) a 21 giorni di vita e a 28 sono svezzati. Dopo lo svezzamento si devono separare i figli dalla madre formando due gruppi di sesso opposto, o alloggiare i giovani singolarmente. La crescita è completa a 4-5 mesi di età.
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Il drago d’acqua Australiano (Physignathus lesueurii, Itellagama lesueurii)
Il drago d’acqua australiano (Physignathus lesueurii, Itellagama lesueurii) è endemico in Australia, in particolare lo si può trovare frequentemente (è uno dei sauri più presenti nel territorio) a nord di Vittoria fino al Queensland, e sono state segnalate delle piccole popolazioni anche nell’Australia meridionale (sembra che la sua presenza qui sia seguita all’importazione da parte dell’uomo di alcuni esemplari).
Si tratta di un rettile carnivoro\onnivoro (a seconda della fase di vita), buon nuotatore capace di resistere anche per 30 minuti in apnea.
È Il più grande sauro tra gli Agamidi.
Se ben condizionato si abitua alla vita in cattività e alla manipolazione umana facilmente. Anche in natura convive con l’uomo senza mostrare particolare paura in parchi e giardini. Le aspettative di vita si aggirano intorno ai 10\15 anni (ovviamente come tutti i rettili queste aspettative sono strettamente legate anche alla gestione dell’animale e al rispetto delle sue necessità).
Nomenclatura
Il nome Physignathus significa letteralmente “guancia gonfia” e si riferisce all’aspetto sporgente della gola e della mascella inferiore. Physignathus comprende due specie riconosciute: Physignathus lesueurii e Physignathus concincinus (Drago d’acqua cinese), endemico in Asia. Il nome specifico lesueurii onora il naturalista francese Charles-Alexandre Lesueur che scoprì questa specie durante una spedizione nel 1800.
Una recente revisione tassonomica ha concluso che la specie australiana di Physignathus mostra caratteristiche abbastanza diverse da classificarla nel suo genere. Nel 2012, infatti, la specie è stata ufficialmente ribattezzata Itellagama lesueurii.
Caratteristiche fisiche
L’Australian Water Dragon ha una caratteristica testa triangolare molto sviluppata e molto simile per alcuni aspetti a quella del più comune Drago Barbuto (Pogona Vitticeps). Presenta inoltre una cresta nucale di scaglie spinose che si attaccano alla cresta vertebrale presente per tutta la lunghezza del suo corpo fino alla coda. Sono presenti anche squame spinose di dimensioni maggiori sulla superficie laterale del corpo. Ha una giogaia ben sviluppata. La cresta dorsale e la coda sono compresse lateralmente e gli arti sono forti e robusti, con dita particolarmente lunghe sulle zampe posteriori. La coda è in grado di rigenerarsi quando si perde in seguito a traumi o quando viene amputata chirurgicamente.
La colorazione differisce tra le sottospecie; il drago d’acqua orientale, Itellagama lesueurii, ha una colorazione variabile dal grigio al grigiastro nella porzione dorsale con strisce nere lungo la cresta vertebrale e sulla parte inferiore della coda. Presenta anche una striscia scura orizzontale che parte dall’occhio e si estende dietro la membrana timpanica lungo il collo. Gli arti sono per lo più neri con macchie e strisce grigie e la coda presenta strisce grigie e nere. La superficie ventrale è bruno giallastra, con il petto e la parte superiore del ventre rosso vivo nei maschi maturi.
Il drago d’acqua di Gippsland, Itellagama lesueurii howittii, è identico nella morfologia a quello orientale; le scaglie spinose sono leggermente più piccole. Differisce per la sua colorazione: dorsalmente il corpo va dal verde oliva al marrone con strisce nere trasversali. Manca la striscia scura orizzontale tra l’occhio e il meato acustico. I maschi maturi hanno il petto blu-verde scuro e presentano delle strisce gialle e blu intorno al collo e alla gola.
Alcune delle sue caratteristiche fisiche rispecchiano il suo stile di vita
– È un animale arrampicatore: dotato di lunghe gambe e robusti artigli per rimanere aggrappato ai rami.
– È un abile nuotatore: per nuotare usa la sua coda muscolosa. La coda viene utilizzata anche come arma contro il nemico
Comportamento
Il drago d’acqua australiano in natura è attivo da settembre a giugno, mentre nei mesi più freddi rimane quiescente. Per sopravvivere alle fredde temperature invernali, si rifugia in tane già presenti, perché abbandonate da altri animali, o le scava direttamente in terreni morbidi vicino ai corsi d’acqua, ricoprendone poi la via d’entrata con rami e arbusti. Una volta rintanato nel suo giaciglio entra in una fase di quiescenza, rallentando il suo metabolismo, fino all’arrivo della primavera. Per questo motivo, per rispettare quindi la sua vita in natura, sarebbe importante anche in cattività effettuare una bruma durante il periodo invernale.
Sono animali sociali: se l’habitat è adatto vivono in piccole comunità costituite da un maschio adulto, dominante, che difenderà il piu possibile il territorio da altri maschi, e femmine di diverse età. Questo non significano che in ambienti ristretti si possano tenere piu animali insieme. A seconda delle dimensioni del terrario il consiglio è quello di tenere solamente un individuo oppure un maschio e una femmina.
Habitat in natura
Gli habitat dove si possono trovare differiscono notevolmente: dalla foresta pluviale a nord ai torrenti alpini a sud. Sempre deve esserci acqua corrente con un’estesa copertura arborea, e la possibilità di effettuare dei bagni di sole (quindi la vegetazione non deve essere troppo fitta). Queste caratteristiche devono essere presenti anche nella loro stabulazione in cattività. Non è semplice ricreare un ambiente idoneo rispettando tutte le condizioni necessarie.
Temperatura: il terrario deve essere lungo a sufficienza per soddisfare il gradiente termico. Temperatura spot intorno ai 40 gradi, mentre nella zona fredda deve essere intorno ai 25\26 gradi. Deve essere in grado di scegliere la temperatura che preferisce. La lampada calda deve ovviamente essere schermata per evitare ustioni.
Necessaria un’esposizione ai raggi UVB (10%): le lampade devono essere sostituite ogni 6 mesi. Durante la bella stagione possono essere esposti al sole, temperature permettendo, i raggi non devono essere filtrati da vetri, finestre plexiglass.
Necessitano di un’umidità che si aggira intorno al 70%. Riesco a sopravvivere anche a umidità inferiori ma possono sviluppare patologie cutanee importanti.
Fondamentale dare la possibilità di fare il bagno: aggiungere al terrario un contenitore che non deve essere piu piccolo di tre quarti della lunghezza del rettile. Deve essere anche sufficientemente profondo da permettere al rettile d’immergersi.
Alimentazione in natura e in cattività
I draghi d’acqua sono completamente insettivori nella prima parte di vita, man mano che crescono diventano più onnivori e la materia vegetale costituisce gradualmente quasi la metà della dieta.
In natura si nutrono di insetti come formiche e cicale che catturano tra i rami degli alberi, ma possono cibarsi anche di molluschi e crostacei. Tra i vegetali, fichi e altri frutti, fiori e alghe.
In cattività possono essere forniti degli insetti adeguatamente preparati ed integrati, frutta e verdura di stagione. L’alimento va fornito quotidianamente durante la giovane età, 3\4 volte a settimana nei soggetti adulti
Principali patologie
I principali problemi sono problemi respiratori, legati all’incapacità di tenere un tenore di umidità adeguato. Possono sviluppare anche problemi batterici cutanei e patologie legate a disordini del metabolismo del calcio come la MOM.
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L’ipocalcemia nei rettili
Il calcio è uno ione principalmente extracellulare, che si trova per circa il 99% nello
scheletro, il quale funge da riserva per mantenere la normale concentrazione nel liquido extracellulare.
Molti processi cellulari dipendono dal calcio, come ad esempio
• Molte reazioni enzimatiche
• il trasporto di membrana
• la trasmissione nervosa
• la contrazione muscolare, compreso il cuore e la muscolatura liscia dei visceri e dell’utero
• l’aggregazione piastrinica, intervenendo quindi nella coagulazione
• la costituzione dei tessuti duri (ossa e denti)
• la funzione neuromuscolare
Perché il calcio sia assimilato dall’alimento è fondamentale la presenza della vitamina D3, che si forma nella pelle per l’azione dei raggi ultravioletti di tipo B (UVB); se questa vitamina è carente, o non attiva, la dieta può anche essere ricca di calcio ma questo non viene assorbito a livello intestinale e si instaura una condizione di ipocalcemia.
La vitamina D3 può essere introdotta anche con la dieta, ma non tutti i rettili sono in grado di sfruttarla se viene per via orale.
Per l’assimilazione del calcio ha un importante ruolo anche la temperatura ambientale. I rettili sono animali ectotermi, vale a dire che il loro organismo deve ricevere il calore da fonti esterne, perchè non è in grado di produrlo con il metabolismo come fanno i mammiferi e gli uccelli. La loro funzione digestiva, come tutte le altre funzioni metaboliche, dipende dalla temperatura ambientale: se non viene fornita un’adeguata temperatura ambientale l’assorbimento dei nutrienti viene ostacolato.
A causa del ruolo fondamentale svolto in un’ampia varietà di funzioni cellulari, la
concentrazione del calcio ionizzato nel LEC deve essere mantenuta entro un intervallo ristretto.
Il metabolismo del calcio viene regolato da diversi ormoni
• Il paratormone (secreto dalle paratiroidi): la sua funzione principale è quella di regolare la concentrazione plasmatica del calcio attraverso la sua azione sulle ossa, sui reni e sulla mucosa intestinale. Bassi livelli di calcio ionizzato nel sangue stimolano un aumento del rilascio del PHT che a sua volta stimola la mobilizzazione del calcio dalle ossa, un aumento dell’assorbimento del calcio dall’intestino e dai reni.
• La calcitonina (viene prodotta dalla tiroide): sembra avere un meccanismo d’azione opposto rispetto a quello del PHT; un aumento della concentrazione ematica del calcio aumenta il rilascio della calcitonina che inibisce la mobilizzazione del calcio dalle ossa.
• La forma attivata della vitamina D3: la 1,25 diidrossivitamina stimola il riassorbimento del calcio e del fosforo dalla mucosa intestinale. Per l’attivazione della vitamina D3 è fondamentale l’esposizione ai raggi UVB e un corretto funzionamento del fegato e dei reni che lavorano in sinergia per produrre la sua forma attiva.
Le femmine gravide hanno una maggior concentrazione plasmatica di calcio, fosforo, proteine e globuline come conseguenza ad un aumento della domanda per la vitellogenesi, la produzione del tuorlo e la deposizione; durante lo sviluppo delle uova le femmine mostrano una ipercalcemia para fisiologica in risposta agli estrogeni e all’attività riproduttiva.
L’ ipocalcemia spesso si verifica a seguito di
– Insufficiente introduzione con la dieta di Calcio e vitamina D3
– Squilibrio tra calcio e fosforo alimentare, con un eccesso di fosforo
Il calcio è presente nel plasma in tre forme: il 50% è in forma ionizzata o libera, l’unica metabolicamente attiva; la rimanente quota è legata alle proteine (principalmente con l’albumina ed in minor misura con le globuline) o a ioni fosfato, citrato, lattati e ai bicarbonati.
Cambiamenti delle concentrazioni delle proteine sieriche modificano direttamente le concentrazioni del calcio totale ematico, sebbene la concentrazione del calcio ionizzato rimanga normale. L’acidosi modifica la concentrazione di calcio ionizzato riducendo il suo legame con le proteine. Il contrario accade in corso di alcalosi.
– Alcalosi
– Ipoalbuminemia
– Ipoparatiroidismo
– Iperparatiroidismo nutrizionale secondario, patologia caratteristica di rettili erbivori come le iguane (molto spesso le loro diete sono ricche in fosforo e povere in calcio, scarseggiano di vitamina D3 e dell’esposizione ai raggi solari, questo induce lo sviluppo della malattia ossea metabolica con osteodistrofia e fratture patologiche.) MOM.
– Anche i rettili carnivori mal alimentati possono sviluppare ipocalcemia come conseguenza di un alterato rapporto tra calcio e fosforo.
– L’iperparatiroidismo renale secondario può portare a ipocalcemia: L’iperparatiroidismo secondario è una complicanza comune della malattia renale cronica. Il progressivo declino della funzionalità renale, infatti, porta all’alterazione del metabolismo di calcio (Ca), fosforo (P) e vitamina D. Il conseguente sviluppo di ipocalcemia determina un incremento della sintesi di ormone paratiroideo (PTH), ormone prodotto dalle ghiandole paratiroidi, che è il principale regolatore dei livelli circolanti di calcio.
Segni clinici dell’ipocalcemia
– Tremori muscolari
– Paresi
– Crisi convulsive
La malattia ossea metabolica (MOM o Metabolic Bone Disease), detta più correttamente iperparatiroidismo nutrizionale secondario, è una patologia che causa una mancata calcificazione dell’osso, con deformazione scheletrica, crescita deforme e, nei casi estremi, morte. È una malattia molto frequente nei rettili che vivono in terrario (specialmente vegetariani). La MOM riconosce diverse cause.Le più comuni sono di origine alimentare (“MOM nutrizionale”) e comprendono:
• una carenza di calcio nell’alimento
• un eccesso di fosforo nella dieta a fronte di una quantità di calcio adeguata o carente. Se l’alimento contiene troppo fosforo in rapporto al calcio, i reni lo eliminano ma questo comporta una concomitante escrezione di calcio, per mantenere in equilibrio il rapporto tra questi due elementi
• una carenza di vitamina D3, indispensabile per l’assimilazione del calcio alimentare, per insufficiente esposizione ai raggi UVB o per carenza alimentare.
Cause più rare di MOM comprendono la somministrazione eccessiva di alimenti ricchi di ossalati, che legano il calcio e non lo rendono disponibile, o patologie a carico di fegato, reni, intestino, tiroide o paratiroidi.
La maggior parte dei casi di MOM nutrizionale è causata da errori di gestione.
• Vetro, plastica e plexiglas filtrano completamente i raggi UVB: l’esposizione deve essere diretta e non filtrata, anche al sole
• Le lampade UVB vanno regolarmente sostituite dopo 6-12 mesi: continuano a emettere luce visibile, ma per la sintesi di vitamina D3 diventano inutili.
• Le lampade UVB non sono UVA
• Devono essere posizionate ad un massimo di 45 cm da dove si posiziona il rettile.
• Per una termoregolazione efficace e un’esposizione adeguata ai raggi UVB, la fonte di calore e la lampada a ultravioletti devono essere collocate vicine, non ai due estremi del terrario.
• Se la temperatura ambientale non è adeguata, gli elementi nutritivi contenuti nel cibo, compreso il calcio, non vengono adeguatamente assimilati.
• la dieta deve contenere un quantitativo sufficiente di calcio.
• L’uso di integratori di calcio che contengono anche fosforo è inutile, in quanto non permettono di avere un rapporto calcio: fosforo. Si deve integrare l’alimentazione con solo calcio. La fonte di calcio migliore è il calcio carbonato, facilmente reperibile in farmacia ad un prezzo molto contenuto.
• Per i rettili insettivori, il cibo, gli insetti, devono essere integrati con un buon quantitativo di calcio almeno due gg prima di essere somministrati.
Per ristabilire il livello di calcio le ghiandole paratiroidi liberano in circolo il PTH che, per mantenere la calcemia costante stimola il rilascio del calcio dalle ossa, causandone la demineralizzazione che si manifesta nei soggetti giovani in accrescimento con rachitismo e deformazioni (anche della corazza nelle tartarughe), spesso irreversibili. Nelle tartarughe la corazza si presenta tenera e cedevole. Nei sauri le alterazioni più evidenti si osservano a livello della mandibola, che è tenera come se fosse di gomma. Inoltre sono incapaci di reggersi bene sulle zampe anteriori. Spesso la colonna vertebrale si deforma e forma delle curve.
Negli adulti la malattia viene detta osteomalacia e può essere più difficile da valutare perché lo scheletro è già formato. Spesso negli adulti i segni sono correlati a disfunzioni della muscolatura liscia, come costipazione intestinale o difficoltà a deporre le uova.
stimolare il riassorbimento di calcio dai reni
aumentare l’escrezione urinaria di fosforo, per mantenere costante il loro rapporto
Segni clinici di MOM
Nei camaleonti si può osservare la paralisi della lingua, la caduta dai rami sui quali non riescono più a reggersi e, nei caliptrati, la deformazione del “casco”.
La deformazione della corazza in corso di MOM può consistere in un appiattimento o in una deformazione “a piramide”. Si può verificare l’incurvamento delle ossa lunghe e difficoltà di deambulazione. Le tartarughe adulte sono molto resistenti allo sviluppo di MOM clinicamente evidente, perché la corazza rappresenta una riserva di calcio. Il calcio interviene anche nella contrazione della muscolatura, perciò i rettili affetti da MOM possono mostrare disturbi intestinali (costipazione) e difficoltà a deporre le uova (distocia).
Nei sauri adulti si può manifestare un sintomo tipico, detto tetania ipocalcemica, che si manifesta con tremori diffusi, inizialmente molto lievi e progressivamente più gravi ed evidenti.
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